La legge Togni (21-3-1958) che prevedeva la vendita di tutto il patrimonio pubblico di alloggi a favore degli inquilini passata quasi all’ unanimità, anche con l’appoggio delle sinistre, produceva tanti piccoli proprietari di casa dividendo gli inquilini in grado di acquistare un appartamento da un’altra parte, più povera, che non poteva nemmeno disporre del milione, milione e mezzo di lire necessario per diventare proprietaria dell’appartamento.
Si costituiva così uno strato relativamente soddisfatto, sicuro almeno di disporre di un alloggio per tutta la vita e di trasmetterlo ai figli: l’operazione democristiana ebbe dunque un significato di ampia portata che si inseriva in quello analogo operato nello stesso periodo o poco prima con gli enti di riforma agraria (legge Segni).
In realtà ci furono delle resistenze a questa legge, ma soprattutto a livello di base. Nelle sezioni del PCI e del PSI, nelle assemblee di rione la parte più cosciente della classe operaia denunciò quello che veniva realizzato con questa legge: ci si disfaceva di un patrimonio ottenuto con i contributi di tutti i lavoratori, e che doveva essere a disposizione della generalità dei lavoratori invece che del libero mercato e, dunque, della proprietà privata; il fatto che questi milioni di vani (di tanto si tratta) restassero in affitto costituiva per il resto del mercato un enorme calmiere che agiva da freno al lievitare dei prezzi della casa.
Ma era proprio per questo che la legge (che porta il nome di una delle più sporche figure democristiane) venne varata: per dividere i lavoratori e per liberare il campo alla speculazione immobiliare. Il PCI e il PSI su questa legge non presero una posizione netta e di massa; nelle aziende solo poche avanguardie riuscirono a coinvolgere nella discussione le commissioni interne.
A Firenze le assemblee poco a poco si svuotarono, i comitati di inquilini non ressero di fronte alla “spontanea” aspirazione di altri decisi ad acquistarsi la casa dove vivevano.
Le vendite frazionate si estesero perciò a buona parte del patrimonio pubblico (Ina Casa – Case Fanfani ecc.); i comitati si sciolsero e con essi l’ultima iniziativa a livello territoriale che i partiti riformisti avessero preso con le caratteristiche di “movimento di massa” e di “antagonismo rispetto alla legge di mercato”.
Tratto da “Le lotte per la casa a Firenze” di Mattei – Morini – Simoni Ed. Savelli 1975