Più di 950 morti; uomini e done colpiti da tumore ai reni, al pancreas, alla milza; cecità progressiva, alterazioni nervose, atrofia dei testicoli, eruzioni e malformazioni cutanee in tutto il corpo, sterilità nel 67% delle persone visitate, nascita di bambini con malformazoni.
Questo è il risultato di decenni di sfruttamento del territorio nicaraguense e dei suoi lavoratori e lavoratrici da parte delle multinazionali delle banane e dei prodotti chimici utilizzati nelle piantagioni.
Nemagòn e Fumazone sono i nomi che si davano qui al DBCP (dibromo-3-cloropropano), insetticidi con un altissimo grado di tossicità, già seriamente indagati negli anni 60 negli USA, dove erano prodotti e poi vietati negli anni ’70 quando vennero esportati in America Centrale per controllare i parassiti che attaccavano le piantagioni di banane.
Un’intera regione del Nicaragua, quella di Chinandega, dove ancora oggi sono concentrate le grandi bananeras della Dole, della Chiquita e dove sono passati tra gli 8400 e gli 8600 lavoratori di cui 2500 donne, tutti sottoposti ai drammatici effetti di questi prodotti, vive in una situazione di inquinamento continuo.
Il Nemagòn, iniettato nel suolo intorno alla pianta con lunghe siringhe o “sparato” con pompe di irrigazione fino ad 80 metri di distanza, ha reso inservibili le falde acquifere da cui attingono l’acqua la maggior parte delle popolazioni contadine della zona ed ha un potere residuale nel sottosuolo di almeno 120 anni.
Il danno non è solo per i lavoratori, ma per tutti i sette municipi ed i suoi abitanti che hanno vissuto per decenni e continuano a viere, a contatto con questi veleni.