Honduras – campamento in Zacate Grande

campamento_zacate_grandeIl C.I.C.A. insieme ad organizzazioni di base e con il COFADEH,  sta lavorando alla costruzione e al rafforzamento di campamentos per osservatori internazionali in Honduras.
La necessità di presenza internazionale nelle organizzazioni e comunità di base, si è fatta più forte a causa dell’aggravarsi delle condizioni in cui si trovano ad operare a seguito del colpo di stato avvenuto nel Giugno 2009.
 
Dall’estate 2011 è attivo un campamento nella comunità di Puerto Grande, nella penisola di Zacate Grande. I/le primi/e campamentisti/e, in tutto una decina, hanno svolto e stanno svolgendo un’importante lavoro di osservazione e accompagnamento nella zona,dove l’organizzazione locale di base, ADEPZA, vive un clima di forte repressione, minacce ai dirigenti,  minacce di sgomberi ecc.
 
 
Perché l’accompagnamento alle comunità?   
 
A causa del colpo di stato e dell’aggravarsi delle violazioni sistematiche ai diritti umani,é sorta la domanda da parte di diverse comunità  appartenenti ai movimenti popolari di un accompagnamento permanente, attraverso una continua presenza di campamentisti nazionali ed internazionali nei loro territori dove la popolazione viene minacciata ed é vittima della repressione.
 
Corso di formazione x attivisti
Per le persone interessate vengono organizzati corsi di formazione prima della partenza.
Info: Per maggiori informazioni vista il sito del C.I.C.A. http://www.puchica.org/

LA TIERRA ES UN SATÉLITE DE LA LUNA

Leonel Rugama

(Nicaragua, 27 marzo 1949 – Managua, 15 gennaio 1970)

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El 15 de enero de 1970, junto con dos otros jóvenes (Róger Núñez Dávila, Mauricio Hernández Baldizón) se enfrentaron contra todo un batallón de la guardia nacional, batallón que armado de tanques y cañones los tiene rodeados. Un guardia les gritó que se rindieran; Leonel Rugama contestó: ¡Que se rinda tu madre! Y continuó luchando…

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Sulla Teologia della Liberazione

QUANDO DO DA MANGIARE A UN POVERO, TUTTI MI CHIAMANO SANTO.

QUANDO CHIEDO PERCHÉ I POVERI NON HANNO CIBO, TUTTI MI CHIAMANO COMUNISTA

La Teologia della Liberazione (TdL) ebbe origine come movimento spontaneo nell’alveo delle comunità di base cristiane, quelle che portano avanti, secondo il Concilio Vaticano II, l’aspetto più importante del messaggio del Cristo di Gamala, ovvero quello di riscatto della povera gente per una condizione sociale umana e dignitosa.
 
Essa nacque in Brasile e fu una risposta necessaria al dilagare delle dittature in America Latina, a partire dagli inizi degli anni Settanta, tanto che si arrivò ad avere in quel paese circa 100.000 nuclei ecumenici per insegnare alla gente i diritti delle persone e a lottare per realizzarli.
 
Molti cattolici, religiosi e laici, iniziarono così a prendere parte alle commissioni pastorali a carattere sociale, inserendosi nel tessuto vivo dei movimenti operai e dei sindacati.

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MONSIGNOR ROMERO E LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

MONSIGNOR ROMERO E LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Giulio Girardi

Per la Teologia della Liberazione, mons. Romero. rappresenta oggi una delle grandi sorgenti di ispirazione. Ma non tutti conoscono la profonda evoluzione che segnò la sua vita e il suo impegno pastorale: evoluzione che lo condusse a maturare scelte radicalmente nuove.

Più che di una evoluzione, si tratta di una repentina illuminazione, che lo sconvolse, quando il suo amico, il padre Rutilio Grande e due contadini con lui, morirono assassinati sulla via di Aguilares, il 12 marzo del 1977. La via di Aguilares fu per lui come la via di Damasco per San Paolo, una rottura radicale con il suo passato. Essa segnò la sua conversione e divise in due parti la sua vita, due periodi contrassegnati da due concezioni della vita, del sacerdozio, del cristianesimo.

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24 Marzo El Salvador – Oscar Romero

24 MARZO – EL SALVADOR

RICORDANDO OSCAR ROMERO

Erano le 18.30 del 24 marzo 1980 quando Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, venne assassinato sull’altare della piccola cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, mentre celebrava la messa.

 

Una fucilata gli trapassò il cuore nel momento esatto in cui si accingeva ad elevare al cielo il pane e il vino per il sacrificio, vittima di una pallottola sparata da uno squadrone della morte mandato dalla dittatura militare.
 

 Durante i suoi funerali, il 30 marzo 1980, furono uccise sessantotto persone, e più di duecento vennero ferite.  

 

“M’hanno avvisato che sono nella lista di quelli che saranno eliminati la settimana prossima; ma sia chiaro che nessuno ucciderà la voce della giustizia”, ha detto Monsignor Romero la settimana prima di essere raggiunto dalla morte.

“Se mi uccidono, resusciterò nel popolo salvadoregno”.Don Romero denunciava la repressione portata avanti dalla dittatura militare: leggeva, durante la messa, i nomi dei tanti contadini, studenti, intellettuali e sindacalisti uccisi, torturati o fatti sparire dal regime.

“Un popolo disorganizzato è una massa con la quale si può giocare; ma un popolo che si organizza e difende i suoi valori, i suoi diritti, è un popolo che si fa rispettare”, disse durante una delle sue omelie. Il governo salvadoregno si sentiva minacciato dalla forza della parola di monsignor Romero, così come l’amministrazione statunitense di Reagan, che in quegli anni, in nome della guerra al comunismo, finanziava la giunta militare del paese centroamericano.   

Nel marzo 1979 si reco’ a Roma per un incontro con il papa Giovanni Paolo II, dove riporto’ la tormentata e sanguinaria situazione che stava vivendo El Salvador, avvalorata da una voluminosa documentazione.I commenti del papa furono: “Lei, signor arcivescovo, deve sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo Paese”; “Un’armonia tra lei e il governo salvadoregno è quanto di più cristiano ci sia in questi momenti di crisi”; “Se lei superasse le proprie divergenze con il governo, potrebbe lavorare cristianamente per la pace”.  

 Nel Salvador la data è stata dichiarata “giornata della memoria” del grande vescovo latino-americano.