QUANDO DO DA MANGIARE A UN POVERO, TUTTI MI CHIAMANO SANTO.
QUANDO CHIEDO PERCHÉ I POVERI NON HANNO CIBO, TUTTI MI CHIAMANO COMUNISTA
La Teologia della Liberazione (TdL) ebbe origine come movimento spontaneo nell’alveo delle comunità di base cristiane, quelle che portano avanti, secondo il Concilio Vaticano II, l’aspetto più importante del messaggio del Cristo di Gamala, ovvero quello di riscatto della povera gente per una condizione sociale umana e dignitosa.
Essa nacque in Brasile e fu una risposta necessaria al dilagare delle dittature in America Latina, a partire dagli inizi degli anni Settanta, tanto che si arrivò ad avere in quel paese circa 100.000 nuclei ecumenici per insegnare alla gente i diritti delle persone e a lottare per realizzarli.
Molti cattolici, religiosi e laici, iniziarono così a prendere parte alle commissioni pastorali a carattere sociale, inserendosi nel tessuto vivo dei movimenti operai e dei sindacati.
I principali ideologi furono il teologo peruviano Gustavo Gutierrez e i brasiliani Hélder Câmara (morto 1999) e Leonardo Boff, oltreché Frei Betto e Oscar Romero, assassinato dalla giunta militare di destra per la sua vicinanza ai bisogni del popolo (Cfr. cap. X).
Fu proprio Gutierrez a dare una direttiva programmatica ai sacerdoti latino americani con il libro La teologia della liberazione del 1973, che in spagnolo aveva il titolo Historia, Política y Salvación de una Teología de Liberación.La TdL diviene automaticamente una sfida alle gerarchie ekklesiastiche, che hanno emarginato il Cristo dei poveri.
Ritorna in tal modo dal Terzo Mondo quella richiesta, già risalente al medioevo, che diede luogo ai movimenti ereticali del XIII sec.: la Chiesa d’Amore e non la teoria delle preghiere, dette la domenica in Piazza San Pietro o – ancor peggio – l’azione dell’Inquisizione di ieri e di oggi, sulla quale si basa il potere della curia romana (Vedasi: Catari ed Albigesi, cap. VIII).In una frase, Hélder Câmara spiegava tutto ciò: «Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo.
Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista».Il domenicano Frei Betto, al secolo Carlos Alberto Libanio Christo, ha spiegato a Peace Reporter il programma della TdL: “In America Latina la maggior parte della gente vive nella povertà e la maggioranza è di fede cristiana.
Quindi la domanda principale di questa gente è: Dio vuole che noi rimaniamo in questa sofferenza? Oppure, come sta scritto nella prima pagina della Bibbia, ha creato il mondo in modo che fosse un giardino, un meraviglioso giardino con uccelli, fiori, acqua cristallina? La Teologia della Liberazione, non è una teoria, non è un qualcosa nato nelle biblioteche, nelle scrivanie, nelle accademie, nelle università religiose… No! È la sistematizzazione dell’esperienza di fede dei poveri alla ricerca della loro liberazione”.I punti essenziali della TdL sono pertanto:
– La situazione attuale della maggioranza dei latinoamericani contraddice il disegno divino e la povertà è un peccato sociale.
– La salvezza cristiana include una “liberazione integrale” dell’uomo e raggruppa per questo anche la liberazione economica, politica, sociale e ideologica, come visibili segni della dignità umana.
– Non vi sono solo peccatori, ma anche persecutori che opprimono le vittime del peccato che richiedono giustizia.
– Rivendicare la democrazia, approfondendo la presa di coscienza delle popolazioni riguardo i loro veri nemici, per trasformare l’attuale sistema sociale ed economico.
– Eliminare la povertà, la mancanza di opportunità e le ingiustizie sociali, garantendo l’accesso all’istruzione, alla sanità, alla scuola ecc.
– Creare un uomo nuovo, come condizione indispensabile per assicurare il successo delle trasformazioni sociali. L’uomo solidale e creativo deve essere il motore dell’attività umana in contrapposizione alla mentalità capitalista della speculazione e della logica del profitto .
Leonardo Boff sottolinea che “Dall’incontro tra il lavoro intellettuale e l’ingiustizia sociale è nato un pensiero cristiano liberatore degli oppressi, contro l’oppressione e a favore della vita e della libertà.
Senza un impegno diretto a favore degli oppressi, stando al loro lato in tutte le occasioni, camminando con loro in tutte le loro battaglie, nel campo, nella città, nelle favelas, non esiste Teologia della Liberazione. È in relazione a questo modo di vedere le cose che sono sempre stato legato al cammino degli oppressi, dal 1970”.Sulla storia scritta dai vincitori afferma che “Tutti dobbiamo andare a scuola dal popolo.
La cultura popolare è cordiale, solidale, calorosa, piena di spirito, leggerezza e magia. Le élites non sono cordiali, sono crudeli e senza pietà. Se leggiamo la Storia a partire dai vinti capiamo che la nostra Storia è piena di resistenze, lotte per la libertà e la dignità.
Il problema è che pochi conoscono questa Storia, perché la storia è stata scritta da mani maschili e bianche, non da mani femminili, nere, indigene e mulatte. Dobbiamo collegare le lotte di oggi con le lotte del passato, in Brasile e nel resto del mondo”.Per raggiungere i nostri fini di pace sociale, economica, scolastica e sanitaria: “Bisogna lavorare sempre con strumenti che i nostri nemici ideologici non possono usare e che sono la verità, la trasparenza, il senso della giustizia, del diritto, la stima del popolo e dei suoi valori. I nostri nemici ideologici hanno sempre bisogno di occultare la verità, distorcere i fatti, demoralizzare il popolo”.
Per queste idee favorevoli alla strenua difesa dei diritti dei poveri e contro le grandi lobbies basiliane, Leonardo Boff si è scontrato in modo sempre più aspro con le gerarchie vaticane, in particolare con il correlatore della sua tesi a Monaco nel 1970, Joseph Ratzinger.
Perciò il Panzerkardinal lo convocò il 15 maggio 1984.Il libro del francescano Chiesa: carisma e potere (Roma, Borla, 1983) – secondo il prefetto – aveva un tono “polemico e diffamatorio” che proponeva una “certa qual utopia rivoluzionaria estranea alla Chiesa”, tanto che c’era da chiedersi inorriditi: “Il discorso di queste pagine è guidato dalla fede, o da principi di natura ideologica, di certa ispirazione neomarxista?”. Le parole finali del Grande Inquisitore furono un invito a liberarsi “da certo socialismo utopico che non può essere identificato con il Vangelo”.
Padre Boff scrisse in un articolo apparso sul Folha de São Paolo: “I teologi latino-americani non negano in alcun modo la natura divina del Cristo, né il valore redentore della sua morte… Essi mettono l’accento sulla realtà vissuta. Astrarre non significa negare…I Teologi della liberazione che si servono di talune categorie della tradizione marxista (specie Gramsci e Althusser) lo fanno analizzando le situazioni vissute dal popolo… Marx, in quanto tale, non interessa. Marx interessa solo nella misura in cui aiuti a meglio capire la realtà dello sfruttamento e segnali possibili sconfinamenti di quel sistema antipopolare che è il capitalismo”.
A detta di Boff, pertanto, il problema va risolto nel Primo mondo “dove risiedono le principali cause dello sfruttamento e della oppressione”. Insomma, si potevano impiegare le categorie socioeconomiche marxiste per analizzare meglio le realtà politiche di un popolo, senza abbracciare tale dottrina. Nulla da fare. Ratzinger bollò come inammissibile il saggio Chiesa: carisma e potere. Saggio di ecclesiologia militante, che inevitabilmente traeva in causa la Chiesa d’Europa che guardava “alla Chiesa del Terzo mondo dalla finestra di un palazzo”.Ne derivava un pericolo per la sana dottrina della fede (o forse per la ricchezza smodata e priva di scrupoli della Chiesa di Roma?).
Il padre francescano fu perciò condannato ad un anno di silenzio: niente scritti, niente conferenze, ma la sua convinzione non fu per niente scalfita: “I provvedimenti presi nei miei confronti non annullano la necessità che, in un’unione col magistero, si continui procedendo nella elaborazione di un’autentica Teologia della Liberazione”.Le proteste di una decina di vescovi non valsero a nulla.
A nulla neppure il ricorso di 25 organizzazioni cattoliche brasiliane, perché padre Boff non aveva avuto la possibilità di difendersi: il Panzerkardinal aveva perciò violato i diritti umani dell’indagato. Nell’‘87 costui proibì la pubblicazione del saggio di Boff Trinità e società e lo estromise dalla rivista francescana Vozes.E quando il Prefetto decise di privarlo della cattedra di teologia, Boff nel 1992 “lasciò non solo l’ordine francescano, ma anche la Chiesa” .
Prima di andarsene, però, ribadì il suo impegno sociale, che avrebbe subito adesso un’intensificazione, poiché non vi erano più i freni del Sant’Uffizio: “Il potere dottrinale ecclesiastico è crudele e senza pietà. Esso non dimentica nulla ed esige tutto. Me ne vado per mantenere la mia libertà e continuare un lavoro che mi si impediva di svolgere. (…) Esistono ancora una comunità cristiana e un torrente di fraternità francescana nel quale mi potrò collocare in giovialità e libertà”.
Su Giovanni Paolo II, e sulla sua catastrofica svolta autoritaria, Boff scrisse: «(…) A Roma il nuovo Papa strinse accordi con la burocrazia vaticana, conservatrice per sua natura, che era del suo medesimo avviso. Si stabilì un granitico blocco storico costituito dal Papa e dalla Curia, che aveva il fine di imporre la restaurazione dell’antica identità ecclesiale e della vecchia disciplina. (…)Riscrisse il diritto canonico in modo da reinquadrare la totalità della vita ecclesiale, giunse a pubblicare il Catechismo Universale della Chiesa Cattolica (1997) e con esso ufficializzò il pensiero unico all’interno della Chiesa.(…)Si convinse che in America Latina il pericolo era il marxismo, quando il verace e infausto pericolo è sempre stato il capitalismo selvaggio e colonialista, con le sue élite antipopolari e reazionarie.
In Giovanni Paolo II prevalse la missione religiosa della Chiesa, non la sua missione sociale. Se egli avesse detto “appoggeremo i poveri e contamineremo la Chiesa con le riforme nel nome del Vangelo e della tradizione dei Profeti”, ben altro sarebbe stato il destino politico dell’America Latina.Invece organizzò la restaurazione conservatrice in tutto il continente: rimosse i vescovi della liberazione e designò vescovi lontani dalla vita del popolo, chiuse le istituzioni teologiche e sanzionò i loro docenti».Appena dopo l’elezione di Ratzinger a Papa, Leonardo Boff fu intervistato da Omero Ciai per la Repubblica il 23 aprile 2005.
Come suo costume, il Teologo della Liberazione, aggiunse senza mezzi termini: «L’uomo che ho conosciuto io ha un grande limite: è senza dubbi, e coloro che non hanno dubbi non sono aperti al dialogo, né sono capaci di apprendere dagli altri”.Perciò Boff si è sentito defraudato da questa scelta, una scelta che rinchiude ancor più la Chiesa nel suo medioevo arcaico: “Ratzinger parla soltanto della Chiesa e combatte le altre visioni del mondo: l’agnosticismo, il relativismo. A questi “ismi” andrebbe però aggiunto anche quello del “romanismo”, di chi crede che nella Chiesa tutto accada a Roma».
Di qui un progressivo ma inesorabile allontanamento dei fedeli dal Vaticano e la mancanza di vocazioni tradizionali: “Quando una chiesa non ha più sacerdoti sia a causa dell’imposizione del celibato, sia per la sua dottrina astratta e lontana dalla vita concreta dei suoi fedeli, molti non la percepiscono più come un focolare e l’abbandonano. Ma in Brasile ci sono anche centomila comunità di base e un milione di circoli biblici dove i cristiani vivono guidati dalla Teologia della Liberazione, condannata dal cardinale Ratzinger, ma così importante come ispiratrice di cambiamenti nella società” .
da: LA RELIGIONE CHE UCCIDE COME LA CHIESA DEVIA IL DESTINO DELL’UMANITÀ