Gli eventi che stanno stravolgendo parte del mondo arabo, fanno sentire la loro eco anche aldilà dell’Oceano, e nonpotrebbe essere altrimenti. La Tunisia, l’Egitto, e ora la Libia.
Proprio quest’ultima, ha suscitato una ondata di commenti e posizioni in America Latina che non possiamo fare a meno di analizzare. Sforziamoci di farlo al netto della inetta copertura mediatica che gli si sta dando, piena di riflessi para-imperialisti e disonestà intellettuale. Una riedizione del marketing informativo della menzogna che ricorda inevitabilmente le fosse comuni di Timisoara e le operazioni militari israeliani nella striscia di Gaza. Le prime, false; le seconde, realizzate nel più totale silenzio della comunità internazionale, costernata a posteriori. Che Gheddafi si fosse rifugiato in Venezuela, è stato smentito nell’arco di una battuta d’agenzia. Che Chávez stia dando appoggio e solidarietà al mandatario libico, è invece vero. E con lui si sono schierati, in forma diverse ma sostanzialmente omogenee, molti altri leader della cosiddetta “America integrazionista”. Daniel Ortega, e soprattutto Fidel Castro. Ora, il punto è che storicamente Gheddafi è stato un “faro” in versione araba (laica, non dimentichiamolo) dell’antimperialismo e dell’anticolonialismo; la sua rivoluzione verde ha stretto rapporti e solidarietà con gran parte del mondo in ebollizione dell’epoca.
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